La riforma regionale degli enti locali montani sembra navigare a vista, con bozze di legge che compaiono, poi scompaiono, con soggetti diversi che se ne occupano, soprattutto senza una reale condivisione dei sindaci dei Comuni interessati. Così, dopo una riunione di confronto sulla materia, il primo cittadino di Faedis, Cristiano Shaurli, si fa portavoce dei colleghi di Attimis, Lusevera, Nimis e Taipana, che un documento regionale, datato 26 gennaio 2010, avrebbe “la pretesa” di aggregare nell’Ambito montano n. 12, con successiva fusione in un unico Comune.
Qual è il collante di cinque municipalità politicamente diverse?
«Proprio il fatto che abbiamo e vogliamo continuare a ricercare una posizione condivisa, trasversale e apartitica rispetto a questa ipotesi di riforma. Non si tratta, quindi, di una posizione di parte, ma semplicemente di amministratori responsabili che pensano e guardano alle esigenze del proprio territorio”.
Cosa contestate alla Regione?
«Soprattutto poca chiarezza e una grande attenzione ai contenitori piuttosto che alle risorse ed ai progetti per aiutare e far crescere la montagna».
Così enunciata, signor sindaco, la vostra pare una bocciatura su tutto il fronte.
«Non è così. Crediamo di essere persone responsabili e ci rendiamo conto che una riforma è necessaria soprattutto dopo il repentino e forse affrettato commissariamento delle Comunità montane. Ma entrando nei dettagli, vorremmo capire dalla Regione qual’è la sua idea di riforma. Mesi fa, abbiamo fatto diverse riunioni per emendare un primo documento che ora sembra scomparso dal tavolo. Questo non pare un comportamento responsabile e, oltretutto, evidenzia ulteriormente idee poco chiare, proprio perchè nelle premesse si parlava di un percorso partecipativo, mentre improvvisamente, a gennaio, compare un’altra bozza di legge mai ufficialmente analizzata con i sindaci interessati. Allora, ci dica la Regione quale assessore si occupa realmente della riforma e quali le linee di indirizzo della Giunta. In sostanza, quali sono i documenti da ritenere validi? Lo faccia in maniera abbastanza chiara perché in questo clima di incertezza i Comuni non possono fare fondamentali scelte di prospettiva».
Prima parlava di assenza di dialogo. Vi sentite ai margini della riforma montagna?
«Semplicemente reclamiamo con forza il nostro ruolo e la centralità dei Comuni per il processo di riforma che li riguarda. Alcune bozze circolate, seppur ufficiosamente ma con intestazione della Regione, stravolgono il principio di sussidiarietà. Non si parte dagli enti più vicini al cittadino, ma da un’ottica centralista, per cui è la Regione che cala dall'alto e decide per tutti come aggregare il territorio. Ricordiamoci che sono gli amministratori locali i primi a rendersi conto che è necessario trovare sinergie di area più vasta e spesso sono gli unici a capire le reali difficoltà della montagna».
In questo senso, qualche sindaco ha già protestato di non volere sentirsi relegato al ruolo di guardiano del proprio municipio.
«In alcuni passaggi della bozza di legge si ha la sensazione che i Sindaci siano considerati una categoria di irresponsabili che non vogliono o non sono capaci di decisioni di prospettiva. Non è così. Serve, invece, la valorizzazione e il riconoscimento che i Comuni sono gli enti più vicini alla gente, soprattutto che non sono certo loro i centri di costo da tagliare».
Quando parla della necessità di sinergia di area più vasta, implicitamente si riferisce a una struttura sovraccomunale di gestione.
«Riteniamo che un ente sovraccomunale per l’autogoverno della montagna sia ancora necessario, un ente in grado di erogare servizi ai Comuni, ma soprattutto di garantire progettualità di area vasta per i grandi finanziamenti europei, per un’idea di sviluppo dell’area montana».
Lei fa riferimento a opportunità europee di finanziamento. Peraltro, il documento regionale si occupa di definire i nuovi ambiti montani, ma non parla di risorse in dotazione.
«Si stanno facendo grandi discorsi sui contenitori, ma non è mai stata espressa la volontà, prassi purtroppo già vista, di portare maggiore risorse alla montagna».
Allora, come si materializzerà la protesta dei cinque sindaci?
«Intanto vogliamo finalmente capire quali sono le reali idee della Regione. Se la legge dovesse però rimanere quella datata 26 gennaio, abbiamo deciso che non siamo disponibili a deliberare in consiglio comunale l’imposizione di assemblaggio, così come previsto dall’Ambito montano 12, rifiutando i diktat conseguenti, ma intenzionati, se servirà, a promuovere una manifestazione pubblica di protesta per e con i nostri cittadini».
Fin qui, Cristiano Shaurli ha parlato anche a nome di Sandro Rocco (Attimis), Guido Marchiol (Lusevera), Danilo Gervasi (Nimis), Elio Berra (Taipana). Ma, a titolo personale, vuole togliersi un sassolino e, per bocca sua, lo toglie anche al suo predecessore Franco Beccari.
«Nella bozza regionale si parla di fusione in un’unica entità comunale degli ambiti montani, entro 5 anni dalla loro costituzione. Si tratta di una imposizione che per i Comuni di Attimis e di Faedis ha l’amaro gusto del paradossale. Basti ricordare che proprio a noi questa amministrazione regionale rifiutò una fusione maturata dopo un lungo processo di condivisione tra amministratori e popolazione. Ora la si vuole imporre dall'alto, aggiungendo altri Comuni. Ogni altro commento risulterebbe superfluo. Se comunque l’idea è di mettere insieme i Comuni per fare progettazione di area vasta e per avere una visione complessiva del territorio, gli ambiti indicati sono già troppo piccoli, non certamente in grado di assolvere questi compiti. Se invece la volontà è di ridurre i costi dell’apparato pubblico, non sono certo i Comuni la maggiore spesa. Cominci la Regione a ridurre a 40 i suoi 60 consiglieri regionali, non se ne accorgerebbe nessuno ed il risparmio sarebbe ben altro rispetto al taglio del volontariato che di fatto fanno Consiglieri comunali e Giunte».
Pollice verso, quindi, sull’intero fronte.
