La scuola, come fondamentale ed insostituibile agenzia di socializzazione nell'età evolutiva, riveste un ruolo essenziale nella formazione e nella crescita individuale e nella definizione dell'identità dell’individuo. Del tutto comprensibile e motivata, non solo dal punto di vista culturale, è la lotta di ogni comunità linguistica per avere una propria scuola, ovviamente nella propria lingua, per poter trasmettere alle nuove generazioni i propri “connotati” e resistere così alla spersonalizzazione ed all’omologazione in maggioranze via via più vaste.
La comunità slovena delle valli del Natisone, i cui diritti vennero riconosciuti dallo Stato solo nel 1999 con la legge 482, aveva iniziato circa 20 anni prima un percorso istituzionale con l’Istituto per l’istruzione slovena. Nell’ ‘84 fu aperto il Centro scolastico bilingue e due anni dopo fu aperta la scuola elementare in cui erano ufficialmente i genitori ad assicurare, sotto la propria responsabilità, l’istruzione obbligatoria ai propri figli. Tra ricorsi, respingimenti degli stessi, pareri e decreto del Consiglio di Stato, solo nell’agosto del 1992 le autorità preposte accolsero la richiesta della presa d’atto della scuola elementare bilingue di San Pietro al Natisone. Ci vollero altri 5 anni perchè la stessa ottenesse la convenzione di parifica. Finalmente la legge 38 del 2001, al comma 5 dell’art.12 riconobbe come statali le scuole gestite dall’Istituto per l’Istruzione slovena di S. Pietro al Natisone.
I costituenti nella formulazione degli artt. 2, 3 e 6 della nostra Costituzione non potevano non aver presente anche quella slovena tra le “minoranze linguistiche” da tutelare. In via di principio si espressero così: La Repubblica tutela con apposite norma le minoranze linguistiche. Per quel che ci riguarda c’è voluto oltre mezzo secolo! Ma non per questo gli allergici nostrani ad ogni cosa sappia di “sloveno”, ritrovarono il buon senso per allinearsi al corso della storia, che ha salutato l’allargamento dell’Europa a 27 stati e la caduta del confine con la Slovenia. Di fatto, sulla strada per ottenere la scuola media bilingue, non mancarono cavalli di Frisia, di medioevale memoria. Oggi abbiamo l’Istituto comprensivo bilingue che esprime la scuola materna, elementare e media, sotto la direzione della prof. Živa Gruden e con la collaborazione del Consiglio di Istituto presieduto dal sig. Michele Coren. In un colloquio con quest’ultimo ho cercato di approfondire alcune tematiche.
«Questa scuola è una realtà fondamentale per questo territorio, su cui opera da 25 anni — esordisce Coren —. Doverosa mi pare la riconoscenza ai tanti che hanno avuto l’intuizione, la voglia, la perseveranza di portare avanti questo progetto che, coi suoi 220 alunni rappresenta, per le nostre valli, un’evidente manifestazione della volonta di riscatto e rinascita di una comunità che può vantare pagine storiche assolutamente uniche. Ora che, con l’istituzione della scuola media è possibile dare ai nostri ragazzi un’istruzione bilingue per tutto il periodo dell’obbligo scolastico, si tratta di potenziarne gli elementi qualificanti in modo che tutta la nostra comunità ne tragga i benefici di una più matura consapevolezza identitaria. Questa è una scuola che potrebbe costituire un modello per molte altre comunità bilingui e ciò va ascritto agli operatori che la rendono viva, attuale, efficace, con eccellenti risultati anche in vista di una più concreta integrazione europea nello spirito di Schengen».
Non ha lesinato, Coren, nell’evidenziare la funzione di questa istituzione che, nonostante le persistenti difficoltà, appare come l’unica strada per la sopravvivenza della comunità slovena, come tale, su questo territorio. Ma rileva anche che non sono tutte rose fiori: «Evidenti appaiono le carenze strutturali, la mancanza di spazi e di strumenti adeguati ad una istituzione di questa portata, anche in considerazione dell’ampiezza del territorio cui serve da supporto. Se l’istruzione e l’educazione dei ragazzi nell’età in cui formano la loro personalità e la propria identità è prioritaria, risulta evidente il ruolo di questa scuola. Con essa dovrebbero coopeerare, in piena sintonia tutte le altre agenzie di socializzazione ad iniziare dalle famiglie, per allargarsi alle organizzazioni piccole e grandi che la comunità slovena riesce ad esprimere e che operano sul territorio».
Con quest’ultima osservazione, a mio avviso, Coren esprime con chiarezza e competenza non solo l’auspicio, ma la necessità che si sviluppi un sempre maggiore coinvolgimento dell’intera comunità in questo processo di recupero identitario. I ragazzi dovrebbero poter trovare nell’ambiente circostante un costante rinforzo ai loro sforzi scolastici, in modo che la loro competenza linguistica e culturale possa essere costantemente svuluppata, al fine di una positiva identificazione con i valori che la nostra comunità è riuscita a tramandare.
