Quei comportamenti incomprensibili

«Nediške doline» sono vocaboli del cosiddetto «natisoniano» o della vituperata lingua slovena? Lo chiedo agli esperti miei conterranei natisoniani, a quei sindaci delle «Valli» che trovano disdicevole, inopportuno, fin offensivo che questo nome possa cšsistere nel battesimo statutario dell’unione montana rinascente (si fa per dire) dai ruderi della vecchia comunità del Torre, Natisone e Collio. Lo trovo assurdamente contradditorio viste le loro aderenze manifeste e conclamate con gli assunti – più sconclusionati che discutibili – propugnati dal fantomatico Istituto Slavia. Sbavavano, infatti, alle parole di chi, nel recente convegno «Materni izik, demokracija an godnuvanje» prospettava la rinascita e lo sviluppo delle Valli ponendo la lingua materna – ovviamente il «nediško» contrapposto allo «slovensko» – come elemento fondante dello sviluppo stesso. Meraviglia non poco, quindi, che ora battano pugni sui tavoli per rifiutare il nome «Nediške doline» accanto a «Valli del Natisone». Mi scusino i lettori, ma c’è un nome più «nediško» di «Nediške doline»? Un tale rifiuto mi fa pensare alle manifestazioni tipiche delle personalità dissociate. Il fatto che «Nediške doline» sia, ovviamente, anche il nome perfettamente «slovensko» li fa andare in tilt. Li rivedo contriti e compunti, muti come pesci, ad ascoltare il vuoto del discorso del commissario pro tempore, Sibau, senza minimamente contraddire gli auspici collaborativi della vicepremier slovena Ljudmila Novak in occasione della sua visita in Benečija. Rivedo anche la figura barbina della compagine guidata dal sindaco di Stregna, Veneto, nel convegno organizzato a San Leonardo da Lega Nord e Pdl, quando il coordinatore regionale dei berlusconiani, Gottardo, affermava la necessità, non solo l’opportunità, di un recupero linguistico sloveno in zona confinaria. Muti. Li immagino con il volto incupito alla notizia che anche la comunità delle valli natisoniane veniva riconosciuta come «slovena» dalle leggi dello Stato e della Regione. Li sento affermare che la lingua locale sta loro a cuore, ma non l’hanno insegnata ai figli… e mi chiedo il perché di questo comportamento . In psicopatologia si parla di «disturbo dissociativo dell’identità», quando nello stesso individuo cšsistono due o più identità, ciascuna incapace di relazionarsi armonicamente con l’altra. Si perde il senso del reale e la capacità di relazionarsi ai fatti concreti della situazione sociale e storica nel suo complesso. Sia come sia, qui si arriva anche ad azioni che rasentano la devianza istituzionale, con il tentativo di condizionare le scelte di un collega amministratore, – parlo del commissario pro tempore Sibau nei confronti del sindaco di Drenchia – con argomenti ben poco ortodossi. Cito: «Zufferli non si è ancora espresso, io spero opterà per il nome in italiano: il comune di Drenchia è stato trattato benissimo dall’attuale giunta regionale di centrodestra, ottenendo contributi per un milione e 200 mila euro». Ma si rende conto di cosa dice? È un ricatto? Il tentativo di un voto di scambio? Di certo è una dichiarazione anticostituzionale, in contrasto con l’articolo 3 della magna carta italiana che recita che tutti i cittadini sono eguali «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione…». Secondo Sibau la Regione, quella che fonda la propria specialità sulla presenza di minoranze linguistiche e in primo luogo la slovena, discriminerebbe i propri cittadini in base alla loro appartenenza linguistica. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano in proposito il presidente Tondo e l’assessore De Anna. Da parte mia, credevo fossero passati i tempi in cui ai nostri anziani si diceva che se avessero perseverato nel parlare in sloveno avrebbero perso la pensione. In realtà quei tempi sono davvero passati. Tranne che nelle teste di alcuni politici nostrani. Che pena!

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